LA LOTTA ALL'ESCLUSIONE SOCIALE E ALLA POVERTÀ IN FRANCIA E IN ITALIA
Intervista a Generoso Picone
Lei si potrebbe presentare e parlarci del suo percorso?
Sono stato giornalista al Mattino di Napoli, ho lavorato in vari settori insomma, sopratutto nei settori della cultura e della politica. Inoltre, ho anche scritto un libro che è uscito nel 2005 che si chiama «i napoletani », che tentava di capire appunto il carattere dei napoletani sulla scorta di alcuni eventi storici e racconto anche alcuni personnaggi simbolici del mondo della cultura, della politica, dello spettacolo e anche della scena sociale. E poi c'è il mio ultimo libro che si chiama « Paesaggio con rovine » che è uscito nel 2020 racconta il terremoto d’Irpinia.
​
Se guardiamo ai dati ISTAT, l'incidenza della povertà a Napoli è quasi il doppio dell'incidenza della povertà a livello nazionale. Secondo lei, come si spiegano questi numeri? Quali sono i maggiori fattori di precarietà a Napoli?
A Napoli gli effetti del Covid, ma anche della crisi scoppiata dopo la guerra in Ucraina sono stati molto significativi, e oggi si fanno sentire ancora di più. Per illustrare la situazione che stiamo vivendo, faccio spesso un parallelo con il terremoto che ci ha colpito 43 anni fa e l'effetto che ha avuto sui territori e sulle organizzazioni sociali. È ovvio che quando un organismo sociale è molto fragile, il trauma viene vissuto in modo molto più intenso. La povertà a Napoli è un fattore, possiamo dire, endemico, è nelle viscere di questa città .
Quando parla di una presenza della povertà nel cuore della città, cosa intende esattamente?
Napoli è l'unica città in Italia con un centro storico così densamente popolato, soprattutto da persone che vivono in condizioni precarie. La precarietà avvolge questa faccia sociale da sempre. Qualche tempo fa si diceva che appunto, la causa principale povertà napoletana sarebbe che è una povertà che si trasmette per generazioni. Il figlio è povero come il padre, il padre è povero come il nonno, ecc. Ecco perché è un tipo di precarieta che viene nascosta, i suoi effetti vengono visti meno « clamorosi » diciamo.
Quali sarebbero le soluzioni concrete per superare questa precarietà endemica?
Se prendiamo ad esempio i quartieri di Scampia e Secondigliano, che sono tra i quartieri più poveri d'Italia, il grosso problema è che il 75% della popolazione è disoccupato e non trova lavoro. Questo crea un tessuto sociale estremamente fertile per le attività illegali. La vera soluzione sarebbe creare posti di lavoro, veri e stabili, e soprattutto creare la dimensione dello Stato, in particolare attraverso politiche sociali attive, non solo aiuti finanziari momentanei.
Lei ha parlato di un tessuto sociale fertile per l'illegalità, intende delle attività legate alle organizzazioni mafiose, in particolare alla camorra?
Infatti, quando ho evocato l'importanza della dimensione di Stato, è proprio perché la mafia, qui la camorra, ha saputo approfittare della sua assenza per fondare le basi del suo potere. La camorra era chiamata il "sistema", è un nome simbolico poiché il sistema è ciò che risolve i conflitti, come lo Stato. Proprio questo era la Camorra per i napoletani : uno stato di natura diversa. Se è riuscita ad imporsi è perché nelle aree più povere, dove non c'è stata la possibilità, o forse la volontà, di creare opportunità strutturali per cambiare le condizioni di vita di questi cittadini, ha rappresentato una forma di potere strutturale per la vita comunitaria.
Come spiegare che la camorra ha perso la sua influenza nel tempo?
Quando questo sistema sociale è caduto in Italia, non è soltanto caduto per l’inchiesta Mani Pulite del 1992. Si è disgregato perché il mondo è cambiato. Sono cambiati I partiti, sono cambiate le forze politiche come presenza. Quando appunto non hanno più avuto il riferimento di qualcuno che suppliva il ruolo dello Stato, ha perso la sua influenza sulla collettività.
Secondo il rapporto Caritas dello scorso anno: Napoli e la Campania sono i luoghi da cui si emigra di più nel Sud. Come spiegare questo esodo dalla regione?
Le persone vanno dove possono beneficiare di migliori condizioni di vita, di studio, di salute. Le strutture pubbliche nelle regioni italiane sono distribuite in modo molto disparato purtroppo, un italiano che vive in Campania non ha lo stesso accesso a queste strutture di un italiano che vive in Lombardia, ad esempio.
Secondo lo stesso rapporto, a Napoli meno di una donna su tre lavora. Come spiegare questo fenomeno?
Purtroppo l'attività delle donne nel sud Italia è ancora spesso confinata a quella di casalinga. Direi che il problema fondamentale è l'accesso delle donne al lavoro, e quando parlo di accesso non intendo la possibilità di lavorare ma le condizioni che consentirebbero loro di poter essere sia attive nel mondo del lavoro che madri. Non abbiamo abbastanza strutture come i nidi destinati alla cura dei bambini. Come possono lavorare se non hanno nessuno che si prenda cura dei propri figli? Tutto il problema è lì: le donne devono ancora scegliere tra essere madri o avere una carriera professionale, proprio perché il sistema attuale non offre le condizioni necessarie per fare entrambe le cose.
Per concludere, come definirebbe Napoli e il suo rapporto con il calcio? Quanto è importante questo sport per i napoletani?
C'è forma identitaria che si è sviluppata con il calcio. C'è l'idea che quando vince il Napoli ci si sente ancora più napoletani, si sventola altissima la bandiera con i colori del club. Inoltre, c'è anche un'intera economia locale che vive di calcio. In particolare, c'è un grande business intorno alla speculazione sportiva. Il calcio è, potremmo dire, "l'oppio dei popoli".